6 Settembre 2021
Si parla di decreto ingiuntivo o di ingiunzione di pagamento per indicare un negozio giuridico previsto dall’ordinamento italiano il cui scopo è garantire ad un soggetto di recuperare un credito vantato nei riguardi di un altro soggetto. La sua celerità di intervento permette infatti che il patrimonio del debitore non venga attaccato e che quindi possa il creditore soddisfarsi.
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Secondo la legge, il decreto ingiuntivo è un ordine che il giudice impartisce al debitore affinché estingue l’obbligazione assunta nei riguardi del creditore. Il debitore deve adempiere al suo dovere entro 40 giorni di norma, e se trascorre tale termine, il decreto diventa esecutivo e il creditore ha diritto a pignorare i beni del debitore.
È il creditore che chiede di emettere il decreto ingiuntivo, il quale, nasce per accelerare i tempi e ridurre i costi rispetto ad un tradizionale procedimento giudiziario ordinario. A disciplinare l’ingiunzione di pagamento sono gli articoli 633 e ss. del c.p.c. e richiede, per la sua emissione, la sussistenza di specifiche condizioni.
La caratteristica di una ingiunzione di pagamento sta, oltre nella celerità del procedimento, nella velocità con cui viene emesso e nei costi ampiamente ridotti rispetto a processi ordinari. Dopo aver ottenuto il provvedimento, e dopo che questi viene munito di formula esecutivo, la legge legittima il chiedere ad iniziare l’iter di espropriazione forzata per soddisfare il suo diritto.
Affinché il creditore possa avanzare pretese di porre in essere un ricorso per decreto ingiuntivo, c’è bisogno che il credito abbia determinati requisiti, dimostrabili e al di fuori dei quali è precluso l’accesso a tale procedimento.
Un qualunque soggetto che vanta un credito nei riguardi di un altro soggetto inadempiente ha diritto a ricorrere ad una ingiunzione di pagamento, attraverso la quale il giudice condanna la parte debitrice a versare quanto deve. Nel ricorso sono presenti due parti, ovvero il creditore anche detto ricorrente e debitore anche detto ingiunto.
Affinché si depositi il ricorso, è importante che il ricorrente nel momento in cui agisce sia titolare del diritto di credito, e abbia una prova scritta del decreto vantato. In mancanza dei requisiti previsti dalla legge, il creditore non vedrà accolta la sua richiesta.
Prima di giungere al deposito del ricorso per ingiunzione, il creditore deve costituire in mora il debitore non adempiente, così come prevede l’articolo 1219 del codice civile. Per far ciò si utilizza l’intimazione scritta, che in gergo viene definita lettera di messa in mora. Si tratta di una lettera appunto che può essere sia redatta personalmente dal creditore – che però spesso non ha le competenze per poter agire nel modo più appropriato – sia da un legale incaricato.
Essa rappresenta l’atto attraverso il quale il creditore invita entro un termine stabilito il debitore a perfezionare la sua posizione. Il creditore avverte il debitore che in mancanza del pagamento a lui dovuto, si adiranno le vie legali. Dalla costituzione in mora discendono importanti conseguenze. Infatti, il debitore inadempiente (una volta messo in mora) oltre a dover pagare poi il debito potrebbe essere anche costretto a risarcire il danno derivante dal ritardo. Dovrà altresì versare gli interessi legali dal momento della mora, nel caso si tratti di obbligazioni pecuniarie (art. 1224 c.c.). Inoltre pur essendo nella posizione debitoria per impossibilità sopravvenuta della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, non verrà liberato, ma anzi, la messa in mora interrompe il decorso della prescrizione (art. 2943 c. 4 c.c.).
In alternativa alla messa in mora si può utilizzare anche la diffida ad adempiere, ovvero una intimazione che si invia in forma scritta alla controparte, dove il creditore informa il debitore che in caso di mancato pagamento ci sarà la risoluzione del contratto, fatto salvo il diritto di agire per il risarcimento del danno.
Per presentare un ricorso per decreto ingiuntivo, ad esempio per il recupero crediti, che abbia ovviamente i requisiti visti poc’anzi, il creditore deve depositare l’omonimo ricorso presso la cancelleria del giudice competente. Se si tratta di una causa il cui valore è inferiore a 1100 euro, di fronte al giudice di pace il creditore potrà presentarsi in modo autonomo, ma nel caso la somma fosse superiore avrà bisogno di un team legale specializzato che lo supporti.
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Come anticipato, il ricorso per decreto ingiuntivo viene depositato presso la cancelleria dell’ufficio del giudice competente. Ricordiamo che nel caso in cui si tratti di ricorso presso tribunale ordinario, vige l’obbligo del deposito telematico (che analizzeremo più avanti). Presso il giudice di Pace è ancora possibile depositare il ricorso in forma cartacea.
Quali documenti vengono consegnati? Oltre al ricorso per decreto ingiuntivo e alle prove, va presentata la nota di iscrizione a ruolo, la procura alle liti, il contributo unificato e l’anticipazione forfettaria e la nota spese dell’avvocato (qualora si agisca attraverso un legale).
Nel tribunale ordinario dal 2014 è obbligatorio effettuare il deposito sul web, eccezion fatta nel caso in cui giudice o presidente di tribunale consentano il deposito cartaceo. Tale deposito telematico viene effettuato nel rispetto delle regole tecniche del PCT (processo civile telematico). Utilizzando un programma ad hoc, pensato per la creazione di una busta telematica, l’avvocato firma digitalmente un file pdf nativo, compila i vari campi, flagga l’opzione di provvisoria esecuzione – ove ne ricorrano i presupposti.
A questo punto puoi allegare tutti i file come da atto principale, compresa di nota di iscrizione e a ruolo e di procura alle liti, nonché tutti i documenti indicati nel ricorso. Creata la busta in un unico file “dati atto”, i file vanno sottoscritti digitalmente. Precisiamo che oltre, alla busta di deposito, si devono sempre inserire tutti i documenti probatori e la ricevuta del pagamento del contributo unificato e dell’anticipazione forfettaria(pagamenti che potrai effettuare sia attraverso un canale telematico sia usando un modello F23).
Esistono fori che ammettono la scansione del contributo unificato – acquistato materialmente come marca da bollo, ma vige l’obbligo poi di consegnarlo in un secondo momento (e fisicamente) in cancelleria. Tutti i file appena elencati andranno a convergere in un unico file (atto.enc), che rappresenta la “busta telematica” e trasmesso a mezzo PEC alla cancelleria competente.
Ai sensi degli articoli 125 e 638 del codice di procedura civile, il processo di ingiunzione deve avere uno specifico contenuto.
In primis bisogna indicare quale sia il giudice competente, scelto sulla base della competenza così come prevede il nostro ordinamento. Devono altresì essere riportate le generalità delle parti, sia del debitore che del creditore (e quindi nome e cognome, indirizzo, codice fiscale), il credito azionato (che rappresenta l’oggetto, il motivo della domanda. Vanno allegate al ricorso anche le prove che si hanno a dimostrazione e di quanto asserito e la procura alle liti. Inoltre va inclusa la richiesta della provvisoria esecuzione se vi sono i presupposti per ottenerla (art. 642 c.p.c.). Il ricorso termina con le conclusioni (la richiesta di ingiunzione di pagamento).
Il ricorso per decreto ingiuntivo va sottoscritto sia nella copia originale che in quella che viene notificata. La firma sarà del creditore se agisce personalmente in giuria, o del difensore che dovrà dare notizia anche del proprio codice fiscale, del proprio numero di fax e dell’indirizzo PEC.
Una volta completo in ogni sua parte, il ricorso può essere depositato in cancelleria, insieme ai documenti citati nel documento. Non si può ritirare il fascicolo fino a quando non scadono i terminati stabiliti nel decreto ingiuntivo (40 giorni solitamente) a norma dell'articolo 641.
Come disciplina anche il già citato articolo 641 del codice di procedura civile, se il giudice accoglie il ricorso, Il debitore sarà ingiunto cioè a pagare quanto deve al creditore entro il termine di 40 giorni . L’atto ingiuntivo diventa provvisoriamente esecutivo quando il giudice ingiunge il pagamento non già entro 40 giorni ma immediatamente, cioè entro 10 giorni dalla notifica titolo esecutivo e del precetto. Questa possibilità si verifica nel caso in cui le prove in favore del creditore sono rappresentate da assegno bancario, cambiale, certificato di liquidazione di borsa, assegno circolare, atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato. La provvisoria esecuzione deve essere una espressa richiesta del ricorrente e non a scelta quindi per volontà del giudice.
Quest’ultimo può decide di concedere la provvisoria esecuzione anche quando crede che possa verificarsi un grave pregiudizio nel ritardo, o nel caso in cui il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere.
Dobbiamo altresì evidenziare che al di là delle ipotesi poc’anzi espletate, si possono verificare casi di provvisoria esecuzione ex legge. Ci sono cioè delle particolari circostanze previste dalla legge, per le quali il decreto ingiuntivo viene considerato immediatamente esecutivo per legge. Questo è il caso in cui il decreto abbia come oggetto il pagamento dei canoni di locazione dovuti in caso di morosità (art. 664 c. 3 c.p.c.), oppure nel caso in cui il creditore è un amministratore di condominio che ha agito per recuperare spese condominiali. Stesso discorso vale per il decreto emesso dal presidente del tribunale su istanza di chiunque vi abbia interesse per il mantenimento della prole (art. 316 bis c. 2,3 c.c.).
In ultimo, precisiamo che la provvisoria esecuzione in pendenza di opposizione ai sensi dell'art. 648 c.p.c., viene riconosciuta dal giudice, se l'opposizione non si basa su prova scritta o di pronta soluzione. Inoltre va concessa l'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l'opposizione sia proposta per vizi procedurali. Infine il giudice deve riconoscerla qualora la parte che ne abbia fatto richiesta si offra di pagare una cauzione pari all'ammontare delle eventuali spese, restituzioni e danni.
Dopo aver depositato il ricorso e aver posto in essere la fase giudiziale, il giudice come stabilito all’articolo 641, ha tempo 30 giorni per esprimere la sua decisione Vi sono tre possibilità:
In caso di richiesta di integrazione della prova, il giudice ritiene che così come depositata la domanda non sia completa, o sufficientemente motivata per cui chiede al creditore di provvedere a presentare ulteriori elementi probatori. Sui generis nel provvedimento che viene notificato, il giudice fissa anche un termine entro il quale presentare tali integrazioni. Nel caso in cui il ricorrente non ottemperi all’invito o non ritiri il ricorso, il giudice rigetta la domanda con decreto motivato.
In caso di rigetto del ricorso, il giudice ritiene che il ricorso come presentato non abbia tutti i presupposti necessari per emettere il decreto (si pensi al caso del credito non esigibile). Per cui si rigetta la domanda. Quest’ultima circostanza può verificarsi anche nel caso in cui il creditore non sia stato sufficientemente provato o se il creditore non provveda ad integrare le prove presentate. Questo ovviamente non pregiudica il diritto del ricorrente a presentare di nuovo il ricorso. Ricordiamo che il rigetto per ricorso a decreto ingiuntivo non può essere impugnato.
In caso di accoglimento del ricorso, il giudice ritiene la domanda del creditore fondata e provvede ad emettere il decreto ingiuntivo. Quest’ultimo conterrà non solo l’ingiunzione al debitore di pagare o consegnare quanto richiesto dal ricorrente, ma anche i termini entro i quali il debitore debba provvedere a perfezionare la propria posizione. Nell’accoglimento il giudice precisa che se non si rispettano i termini stabiliti, il decreto diverrà esecutivo. Nel caso in cui ci siano delle valide motivazioni, il generico termine e di 40 giorni dato al debitore viene ridotto a 10 o aumentato a 60. Il termine è di 50 giorni o di 20 giorni se il debitore risiede in uno dei paesi dell'UE che non sia l’Italia (se invece vive in un qualunque altro stato il termine è di 60 giorni e, comunque, non può essere inferiore a 30 né superiore a 120 come stabilisce l'art. 641 c. 2 c.p.c.). Il debitore ha comunque diritto a proporre opposizione nel termine di 40 giorni dalla notifica.
Il ricorso per ingiunzione è inaudita altera parte, questo vuol dire che il giudice emette il decreto basandosi sulle richieste del creditore, senza cioè ascoltare quanto avrebbe ipoteticamente ha da dire il debitore. Questo vuol dire più semplicemente che l’ingiunto scopre del giudizio pendente e del decreto emesso nei suoi confronti solo dopo che gli sarà stato notificato dall’ufficiale giudiziario. Il ricorso e il decreto vengono notificati in copia autentica (art. 643 c. 2 c.p.c.), mentre gli originali rimangono depositati in cancelleria. Dopo la notifica, il decreto ingiuntivo mantiene una “validità” di 10 anni.
Una volta che il decreto ingiuntivo sarà stato emesso e successivamente notificato, le modalità procedurali cambiano a seconda che si tratti di provvedimento esecutivo o non esecutivo. Nel primo caso, il decreto è già titolo esecutivo e, al ricorrente non resta altro che effettuare il pignoramento sui beni del debitore. Viceversa, nel secondo caso, non si può dare immediatamente il via all’esecuzione forzata.
Dopo aver depositato il decreto ingiuntivo presso la cancelleria del giudice competente, bisogna attendere 30 giorni dal deposito (art. 641 c.p.c.) prima che il giudice emetta il provvedimento.
Nel caso di decreto provvisoriamente esecutivo, dopo che viene emesso il decreto, si richiedono le copie autentiche e basta attendere 3 giorni liberi prima che l’avvocato possa autenticate le copie scaricandole. Le copie autenticate vanno poi portate all’UNEP (ufficio notifiche e protesti) per la notifica (sarà l’avvocato a stabilire se bisogna notificare a mano o a mezzo posta). A questo punto bisogna aspettare circa una ventina di giorni prima che venga notificata. Dopo la notifica, bisogna aspettare che passino 40 giorni. Se il debitore non solleva opposizione, allora è possibile chiedere al cancelliere l’apposizione della formula esecutiva (potrebbe volerci una quindicina di giorni) e si procede nuovamente alla notifica del titolo e del precetto (occorre sempre una ventina di giorni). Trascorsi anche i 10 giorni, si può iniziare il pignoramento. Sommando tutti questi giorni, in massimo 3 o 4 mesi, si può principiare il procedimento esecutivo.
Nel caso di decreto non provvisoriamente esecutivo, i termini sono gli stessi eccezion fatta per i 40 giorni. In questo caso, quindi, salvo opposizione, nel giro di 2 o 3 mesi si può iniziare il procedimento esecutivo.
Nel momento in cui si avvia un processo, l’attore o il ricorrente ha l’obbligo di pagare il contributo unificato; il suo valore dipende a sua volta da quello della causa e dalla materia. Per il procedimento di monizione il valore del contributo unificato è dimezzato.
Facciamo qualche esempio:
Per le cause inferiori a 1.100, euro il contributo passa da 43 euro a 21,50 euro; per le cause tra 1.100 e 5.200 euro il contributo passa da 98 euro a 49 euro. E poi ancora per le cause tra 5.200 e 26.000 euro il contributo si dimezzato per un valore pari a 118,50 euro; per le cause tra 26.000 e 52.000 euro il contributo dimezzato è pari a 259 euro e così via.
Sussistono altresì i casi in cui il ricorso per decreto ingiuntivo è esentato dal pagamento del contributo unificato. Questo avviene ad esempio nel caso di pratiche di crediti da lavoro dipendente, in cui il lavoratore certifichi di avere un reddito familiare inferiore a circa 34.500,00 euro.
Non vige in generale solo l’obbligo del pagamento del contributo unificato, ma bisogna versare anche l’imposta di bollo che in questo caso deve essere di 27,00 a titolo di anticipazione forfettaria (art. 30 D.P.R. 115/2002), non dovuta per i procedimenti davanti al giudice di pace per un valore inferiore ai 1.100,00 euro. Dopo che il decreto ingiuntivo diviene esecutivo, si ha l’obbligo di versare l’imposta di registro; il suo pagamento è d’obbligo solidalmente tra il creditore e il debitore (ma il creditore ne chiederà il rimborso al debitore). L’imposta di registro non si versa per crediti sino a 1.100 euro. Si paga di contro nella misura fissa pari a 200 euro, se il decreto ingiuntivo reca la condanna al pagamento di una somma soggetta a IVA. Infine si paga secondo un'aliquota pari al 3% del valore della controversia, nelle altre ipotesi.
Nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo l’importo del contributo unificato avrà meta valore. La stessa cosa accade nell’ipotesi di domanda riconvenzionale che non superi il valore della causa. Viceversa nel caso in cui la riconvenzionale comporti un aumento del valore (determinando il superamento dello scaglione) bisogna effettuare il versamento di un contributo unificato corrispondente a quello dovuto per la proposizione della domanda riconvenzionale stessa.
Bisogna poi aggiungere ai costi anche le spese per le copie (in caso di copie cartacee davanti al giudice di pace); al di sotto dei 1.100,00 euro non sono dovuti i diritti di copia. Per notificate il decreto ingiuntivo ci vogliono in media 20 euro, ma se si effettua la notifica a mezzo PEC non ci sono spese.
Per quanto riguarda le spese legali, il debitore sarà obbligato anche a corrispondere le competenze dell’avvocato per la procedura monitoria, che cambiano a seconda del valore della controversia. In base a quanto contenuto nelle tabelle forensi (D.M. 55/2014), il compenso medio (che può subire aumenti o diminuzioni) che deve in prima battuta essere pattuito tra legale e cliente, è il seguente:
Nel momento in cui il creditore deve effettuare la ricerca dei beni da pignorare del debitore (art. 492 bis c.p.c.) bisogna versare un contributo unificato del valore di 43,00 euro e non bisogna apporre alcuna marca da bollo. Per avere accesso all'Anagrafe Tributaria ed all'Anagrafe dei Rapporti Finanziari bisogna tuttavia affrontare dei costi. Quando infatti il creditore ottiene l’autorizzazione da parte del Presidente del Tribunale e rivolto l’istanza all’Agenzia delle Entrate, verrà generato un modello F24 la cui cifra è variabile (dalla trentina di euro a salire).
Nel caso di iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 655 c.p.c.) ci sono ulteriori costi da affrontare. In questo caso bisogna pagare un'imposta di registro pari allo 0.50% dell’importo dell’ipoteca, un’imposta di bollo pari a 59 euro. C’è altresì da pagare l’imposta ipotecaria pari al 2% del valore dell’ipoteca (si parte da un minimo di 200 euro), ma anche una tassa di trascrizione pari a 35 euro e l'onorario del professionista che si occupa dell’iscrizione.
Come hai potuto riscontrare all’interno di questo articolo la procedura di ingiunzione è complessa e richiede avvocati specializzati nella materia, per far sì che il creditore possa concentrarsi solo ed esclusivamente sulla sua azienda affidando procedure legali ad un team di recupero crediti.
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NSK Credit Management
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